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Non sono un velista nato, anzi, la mia prima esperienza acquatica è stata drammatica: un naufragio, in tenerissima età, nelle gelide e notturne acque del fiume Adige. Vent'anni più tardi, neolaureato in medicina, uno dei miei primi pazienti mi regalò una vecchia deriva in legno, autocostruita, con le vele in cotone. Con questo improbabile mezzo nautico guadagnai da solo prima il lago poi il mare; la mia "folle" passione per la vela nacque così, fortuitamente, come una sfida alla mia paura più innata, quella verso l'acqua. La vela è nel libro il filo conduttore di ogni percorso e discorso, lo stimolo e il pretesto per raccontare episodi reali e situazioni imprevedibili, storie di normale follia: quella di uno psichiatra velista che trae spunti di vita dal suo vagabondare tra il Mediterraneo e l'Atlantico, prima nel tempo compresso delle vacanze, poi negli spazi dilatati di un felice pensionamento, tuffandosi ogni tanto in divagazioni tragicomiche sulla sua vita personale e professionale. Navigando al largo tra fatiche, imprevisti e soddisfazioni profonde si conquista poco a poco un provvidenziale senso della prospettiva che chi rimane sulla terraferma non potrà mai conoscere.